Palazzo Strozzi di Firenze ospita la mostra ANGELI CADUTI di Anselm Kiefer, uno dei più importanti artisti tedeschi

Paolo Orsini • apr 02, 2024

Dal 22 marzo al 21 luglio, Palazzo Strozzi ospita la mostra ANGELI CADUTI di Anselm Kiefer, uno dei più importanti artisti tedeschi, con lavori storici e nuove produzioni, tra cui una grande opera creata site specific per il cortile del palazzo rinascimentale fiorentino.

Con l’uso audace di diverse tecniche, Anselm Kiefer crea opere imponenti e suggestive grazie alla loro forte presenza fisica e tattile, stabilendo una connessione immediata e autentica con chi le osserva. Semi, piante, gesso, metalli e foglie d’oro si uniscono a frasi e testi, creando dense stratificazioni che rivelano sempre nuovi dettagli e significati. Parole, figure e materiali diversi si fondono, evocando una dimensione fortemente poetica e una profonda attrazione sensoriale nell’osservatore, chiamato a mettere in gioco spazio e tempo, pensiero ed emozione.

L’espressione “angeli caduti” indica gli angeli cacciati dal Paradiso a seguito della loro ribellione contro Dio. Quest’immagine simbolica, rappresentazione dell’intera umanità, diventa punto di partenza della mostra: un viaggio attraverso allegorie, figure e forme che riflettono sull’identità, la poesia, le vicende storiche, i diversi pensieri filosofici. Utilizzando pittura, scultura, installazione e fotografia, l’arte di Anselm Kiefer propone un percorso di introspezione sull’essere umano, esplorando le connessioni tra passato, presente e futuro.

Profondamente interessato al loro valore alchemico, Anselm Kiefer trasforma materie grezze come piombo, cera, semi, terra, fiori, sabbia e cenere in opere imponenti e suggestive, fatte di dense stratificazioni. Utilizzando l’elettrolisi o il fuoco, ad esempio, i materiali sono sottoposti a reali trasformazioni fisiche. I diversi strati visivi, le sedimentazioni, offrono una lettura multipla, rivelando sempre nuovi dettagli e significati all’osservatore.

Ogni produzione artistica di Kiefer esprime il rifiuto del limite, non solo nella monumentalità o nella materialità ma soprattutto nell’infinita ricchezza di risorse con le quali sonda le profondità della memoria e del passato. L’artista ha esordito nella scena tedesca alla fine degli anni Sessanta con opere che, tra le prime, hanno segnato una riflessione sulla storia della Seconda guerra mondiale e sull’eredità emotiva e culturale della Germania. Da qui è iniziato un percorso artistico in cui si uniscono mito, religione, misticismo, poesia, filosofia.

Nel percorso espositivo al Piano Nobile, il tema degli “angeli caduti” si trova nella prima sala con il monumentale dipinto Luzifer (Lucifero, 2012-2023). Kiefer rappresenta l'angelo ribelle che precipita nell'abisso, reinterpretato attraverso materiali che si riferiscono alla storia contemporanea e recente. Una minacciosa ala di aereo in piombo sporge da una massa di materia, creando un diretto riferimento al tema della guerra, ricorrente nell'opera di Kiefer. Se l'ala di aereo simboleggia la distruzione che la guerra infligge, la massa di materiale evoca il caos e la devastazione che lascia dietro di sé. La figura caduta diviene invece un’immagine della caduta dell'umanità, lanciando un monito toccante sulla guerra e sulla violenza.

Nella sala successiva con Für Antonin Artaud: Helagabale (Per Antonin Artaud: Eliogabalo, 2023), Kiefer fa riferimento a Héliogabale ou l'anarchiste couronné (Eliogabalo, o l'anarchico incoronato, 1934), libro dell'artista, attore e drammaturgo francese Antonin Artaud sull’imperatore romano Marco Aurelio Antonino, detto Eliogabalo, figura a cui Kiefer aveva dedicato lavori già negli anni Settanta. Giovane imperatore del III secolo d.C., Eliogabalo cercò di imporre il culto di Baal, il dio del sole, come religione di Stato, ma fu assassinato per sopprimere la sua rivoluzione, diventando così emblema della fragilità del potere. Sol invictus Heliogabal (Sole invitto Eliogabalo, 2023) è il titolo della seconda grande tela della sala caratterizzata da un luminoso fondo oro e da giganteschi girasoli, in cui Kiefer fa anche riferimento alle feste pagane che celebravano la vittoria della luce sulle tenebre.

In questi dipinti emergono simboli costantemente presenti nel vocabolario visivo kieferiano: girasoli e serpenti. Il serpente assume nel lavoro di Kiefer molteplici significati, divenendo anche allegoria di rigenerazione, grazie alla caratteristica dell’animale di mutare la pelle, alludendo così alla figura dell’artista e alla sua capacità di rinnovarsi. Il girasole, è pianta legata al sole ma anche alla terra: tra l’altro Kiefer ha da sempre dimostrato venerazione per Van Gogh, al quale, già adolescente, ha dedicato opere figurative e un testo.

Kiefer afferma che «la pittura è filosofia», e una sezione dell’esposizione è incentrata su questa disciplina, che da sempre permea il suo lavoro, con tre grandi opere inedite, presentate per la prima volta a Palazzo Strozzi. La Scuola di Atene (2022) riconduce a Raffaello e all’affresco della Stanza della Segnatura (1509-1511 circa) con il consesso di filosofi ambientato in un edificio classico. Vor Sokrates (Prima di Socrate, 2022) crea una sorta di albero genealogico dei filosofi presocratici, tra cui Archimede, Anassimandro, Anassimene, Parmenide. Nell’opera Ave Maria (2022) sono rappresentati invece filosofi sia precedenti che antecedenti Socrate, da Eraclito ed Epicuro a Platone e Aristotele. Se i filosofi presocratici si concentravano principalmente sulle spiegazioni naturali e cosmologiche del mondo, spesso ricorrendo a elementi come l'acqua, l'aria e il fuoco, dopo Socrate la filosofia sposta la sua attenzione sull’umanità e sulla conoscenza, in un’indagine sugli aspetti etici, politici ed epistemologici.

Il tema della filosofia si ripresenta in mostra anche nella grande xilografia Hortus Philosophorum (Il giardino dei filosofi, 1997-2011). L’opera raffigura un campo di girasoli il cui formato verticale allude all’unione tra terra e cielo; uno dei fiori cresce prendendo nutrimento dall’ombelico di un uomo nudo disteso a terra, che rappresenta l’artista stesso, oltre che rimandare a una delle figure di riferimento di Kiefer: il filosofo, medico, occultista e alchimista inglese Robert Fludd (1574-1637), secondo il quale ogni pianta ha un equivalente stellare nel firmamento. La posizione del corpo, che sembra senza vita o nella posizione dello shavasana nella pratica yoga, sottolinea il legame tra il mondo terreno e quello celeste alludendo a un percorso iniziatico che consente di superare la paura della finitezza umana.

Le sale centrali del percorso espositivo accolgono una serie di vetrine, una tipologia di opere che l’artista utilizza dalla fine degli anni Ottanta creando microcosmi in cui Kiefer inserisce materiali e oggetti collegati a scritte di suo pugno. Le vetrine creano un ambiente protetto e controllato in cui i materiali contenuti possono esistere nel loro spazio. Allo stesso tempo, rafforzano i temi dell'alienazione e dell'isolamento presenti nell'opera di Kiefer. Lo spettatore è costretto a confrontarsi con l'opera da una distanza, incoraggiato a riflettere sui diversi mondi e simbolismi che convergono nell'immaginario kieferiano.

En Sof (L’Infinito, 2016) è dedicata al pensiero cabbalistico e alla mistica ebraica, Das Balder-Lied (La canzone di Balder, 2018) si ispira alla letteratura scandinava, Danae richiama la mitologia classica. Tra i materiali utilizzati spicca il piombo, materiale d’elezione di Kiefer, alla base di infinite sperimentazioni, apprezzato sia per la malleabilità e duttilità, sia per l’associazione a temi alchemici grazie alla sua natura metamorfica. Il cristallo delle vetrine funge invece da membrana che, come spiega l’artista, «è in qualche modo una pelle semipermeabile che collega l’arte con il mondo esterno in una relazione dialettica».

In Locus solus (Il luogo solitario, 2019-2023), Kiefer fa riferimento all’omonimo testo del 1914, caposaldo della cultura surrealista, in cui l’autore francese Raymond Roussel descrive opere e congegni irrealizzabili, destinati a rimanere solo immaginati, nel locus dell’impossibile. Come in questa opera, tema fondamentale dell’esposizione è il rapporto di Kiefer con la letteratura e il suo confronto con opere letterarie e voci di ogni tempo. In dialogo con Locus solus, il dipinto Cynara fa riferimento alla mitologia classica e alla ninfa trasformata in carciofo da Zeus, mentre A phantom city, phaked of philim pholk (Una città fantasma, falsata dalla folla dei film) e Archaic zelotypia and the odium teleologicum (zelotipia arcaica e lo odium teleologicum) sono collegati al romanzo di James Joyce Finnegans Wake. Queste due opere riflettono l’intricato intreccio di riferimenti presenti nel romanzo, trasformando il complesso tessuto di parole in un’arte visiva che cattura l’essenza onirica della narrazione.

La mostra prosegue con l’installazione immersiva Verstrahlte Bilder (Dipinti irradiati, 1983-2023) composta da una suggestiva selezione di sessanta dipinti che riempiono completamente le pareti e il soffitto di una delle più grandi sale di Palazzo Strozzi. Creata appositamente per la mostra e dotata anche di grandi superfici specchianti poste al centro dello spazio, l’installazione invita il visitatore a immergersi nell’arte stratificata e totalizzante di Kiefer. L'uso dei cosiddetti “dipinti irradiati”, scarificati e scoloriti da radiazioni, aggiunge una dimensione evocativa e malinconica all'installazione, invitando a una riflessione sulla fragilità della vita e sul potere dell'arte. Olio su tela, gommalacca e tessuto sono solo alcuni dei materiali utilizzati per creare un'esplorazione inquietante sui temi della distruzione e del decadimento, insiti nella condizione umana stessa.

Secondo l’artista, «la distruzione è un mezzo per fare arte. Io metto i miei dipinti all’aperto, li metto in una vasca di elettrolisi. La scorsa settimana ho esposto una serie di dipinti che per anni sono stati sottoposti a una sorta di “radiazione nucleare” all’interno di container. Ora soffrono di malattie da radiazione e sono diventati temporaneamente meravigliosi».

Altro grande tema della mostra è la mitologia, personale e collettiva, che Kiefer esplora anche reinterpretando suoi lavori precedenti: non come semplici riproduzioni, ma rielaborazioni di materiali, temi e composizioni. In Der Rhein (Il Reno, 1982-2013), Kiefer rimanda alla sua infanzia e al rapporto con il corso d’acqua che è simbolo dell’intera Germania. In Dem unbekannten Maler (Al pittore ignoto, 2013) Kiefer si identifica con la figura del “pittore sconosciuto” cui viene dedicato un memoriale, onorando anche la memoria degli artisti che hanno subito la repressione e la censura o che sono stati dimenticati dalla storia.

Il riferimento alla mitologia classica è evidente invece in opere come Daphne (Dafne, 2008-2011) e Nemesis (2017). La celebre ninfa insidiata da Apollo e la dea del castigo e della vendetta sono rappresentate come abiti di gusto ottocentesco, in resina e gesso. La loro identità è suggerita e rivelata attraverso gli attributi che sono al posto delle teste, rispettivamente un ramo e un masso. 

Nell’opera Ave Maria turris eburnea (Ave Maria, torre d’avorio, 2017) Kiefer si rifà invece all’immaginario cattolico. Qui la “testa” dell’opera è costituita da una pila di torri in bilico che ripropongono, in miniatura, quelle che caratterizzano la prassi artistica di Kiefer come nei famosi Sette Palazzi Celesti di Pirelli HangarBicocca a Milano.

Il percorso espositivo si conclude con una sezione speciale dedicata alla celebre serie Heroische Sinnbilder (Simboli eroici), qui presentata attraverso quattro fotografie stampate su piombo. Nel 1969 Kiefer si fece fotografare eseguendo quelle che chiamerà Besetzungen (Occupazioni) in varie località europee, tra cui luoghi ‘occupati’ dall’esercito tedesco durante la Seconda guerra mondiale. Con indosso prevalentemente l’uniforme da ufficiale della Werhmacht del padre, Kiefer replica il saluto del Sieg Heil con il braccio alzato, sebbene in maniera meno marziale rispetto all’originale. Kiefer utilizza così un gesto caratteristico del regime nazista con l’intenzione di affrontare, con evidente volontà provocatoria, la storia recente del popolo tedesco.

In questo contesto, per richiamare la precarietà della vita umana e la transitorietà del tempo, ma anche a dimostrazione dell’importanza della poesia, della scrittura e della parola nella pratica artistica kieferiana, la mostra si chiude con i celebri versi del 1930 del poeta Salvatore Quasimodo, tracciati da Kiefer stesso su una parete della sala: «Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole / ed è subito sera».

Le foto di questo servizio sono della digital artist Helene Weifner

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