CAVALCATA FANTASTICA, importante monografica dedicata al maestro del futurismo italiano FORTUNATO DEPERO ospitata al Palazzo Medici Riccardi di Firenze

Paolo Orsini • feb 08, 2024

È ora di finirla con il riconoscimento dell’artista dopo la morte o in avanzata vecchiaia. L’artista ha bisogno di essere riconosciuto, valutato e glorificato in vita,

e perciò ha diritto di usare tutti i mezzi più efficaci ed impensati per la réclame

al proprio genio e alle proprie opere (Fortunato Depero).

L’appartenenza di Fortunato Depero al Futurismo italiano è ufficialmente sancita nella primavera del 1915 in una lettera indirizzata a Giacomo Balla da Umberto Boccioni e firmata anche da Filippo Tommaso Marinetti, Luigi Russolo e Carlo Carra: Caro Balla, siamo lieti di comunicarti che di comune accordo abbiamo deciso di mettere il nome di Depero tra il gruppo dei pittori e scultori futuristi. Crediamo che questo farà piacere a Te che con tanta abnegazione ed entusiasmo scopri e incoraggi i giovani, e spingerà Depero a continuare il suo lavoro con sempre maggior coraggio.

Anche se si tratta di un riconoscimento tardo, rispetto alle tappe storiche del primo futurismo, il contributo di Depero all’elaborazione delle teorie del movimento futurista italiano, soprattutto dopo la morte di Boccioni, è stato fondamentale. La scrittura, insieme a Balla, del Manifesto di ricostruzione futurista dell’universo del 1915 sarà il punto di partenza della nuova ondata artistica che supererà ampiamente la fine degli anni Venti e che, per Depero in particolare, determinerà l’indirizzo di tutta la sua produzione artistica fino alla morte, avvenuta nel 1960.

Depero era nato nel 1892 a Fondo nella Valle di Non, un paesino del Trentino che in quegli anni è ancora sotto il dominio dell’impero austroungarico e per la sua particolare posizione geografica si presenta come punto di confluenza tra la civiltà nordica e quella mediterranea. Alla vigilia della prima guerra mondiale, che vedrà l’annessione del Trentino all’Italia, questa zona sarà percorsa da forti tensioni irredentiste che, in ambito artistico, metteranno in contrasto netto i modelli dello Jugendstil tedesco con quelli del Futurismo italiano, quest’ultimo fucina straordinaria per gli ardori interventisti della giovane generazione di artisti italiani. Depero conosce entrambi i modelli e porterà con se, almeno fino al 1913, segni molto evidenti dell’influenza del modello Jugend e del tardo-simbolismo nordico e della cultura tedesca, culla dell’espressionismo.

Giunto a Roma sul finire del 1913, la sua ricerca pittorica si apre a un totale rinnovamento in nome del Futurismo e delle sue teorie estetiche, teorie che rappresentavano, nell’Italia degli anni del primo Novecento, l’unico fronte di opposizione alla cultura accademica e conservatrice del XIX secolo.

Depero è catturato dalla novità del dinamismo plastico che gli consente di rappresentare le infinite possibilità del movimento della forma. Affronta con maestria il gioco della scomposizione dei volumi e insegue l’idea della simultaneità della visione, impegnandosi nella rappresentazione del movimento anche per mezzo dell’uso della tecnica pittorica particolare del segno-luce.

Il peculiare futurismo di Depero lo porterà ben presto a tralasciare il rigido rigorismo plastico di Boccioni, per collocarsi nella via aperta da Balla, dove si enfatizza la virtualità pittorica, la tensione all’astrazione formale, la propensione all’anti-pittura dada e la forte inclinazione verso l’immaginario surreale. Di tutto questo è chiara la testimonianza nel manifesto scritto con Balla nel 1915: Ricostruzione futurista dell’universo.

L’importanza di questo manifesto è fondamentale, non soltanto per la storia del movimento futurista italiano degli anni Venti e Trenta, ma anche per lo sviluppo delle avanguardie artistiche del secondo dopoguerra. Il manifesto contiene un programma di rifondazione totale dell’esistenza umana, basato su un nuovo rapporto con l’estetica e i prodotti dell’arte, che diventano parte integrante della vita dell’uomo.

Osservando i quadri di Fortunato Depero, non si ha l’impressione di un rappresentazione plastico-dinamica delle forme in senso strettamente boccioniano, né di una loro fluidificazione nello spazio, piuttosto ci si trova di fronte all’invenzione di una forma astratta nuova, decisamente strutturata in piani sovrapposti, percorsa al suo interno da tensioni e traiettorie centripete, che non si liberano nella potenzialità del vuoto cromatico che le circonda.

La sperimentazione astratta interessa un breve periodo e comunque non esaurisce la ricerca artistica di Depero, arricchita contemporaneamente da un vasto repertorio iconografico fatto da schizzi e disegni, piccole tele a olio ancora segnati dall’esperienza xilografica dell’espressionismo tedesco. Nonostante quest’aria di déja vu, questi manichini, pupazzi, automi, giocattoli, pagliaccetti sono già in nuce il futuro repertorio iconografico, della pittura in primo luogo, ma anche del teatro, della pubblicità, della scultura, tutti gli ambiti in cui l’artista s’impegnerà fino alla morte.

L’interesse per la scomposizione delle figure e per la simultaneità della visione diventa una specie di compiacimento atemporale e metafisico. Nei quadri di Depero la finzione prospettico-spaziale rivela una misurazione emozionale e non matematica dello spazio, rovescia il significato simbolico tradizionale della prospettiva classica, inteso quale mimesi della realtà, creando uno spazio metafisico e surreale, dove le false prospettive servono a evocare la terza dimensione che è lo spazio del doppio e dell’ombra.

Rientrato in Trentino, Depero apre a Rovereto una Casa d’arte, una piccola impresa artigianale che opera nel settore delle arti applicate e che basa la filosofia della sua produzione sul principio dell’integrazione dell’arte alla vita, così come da lui ampiamente teorizzato nel manifesto del 1915.

L’impegno della Casa d’arte si fonda pertanto sulla necessità di attribuire qualità estetica agli oggetti di uso comune. Depero progetta una serie di prodotti che sono l’equivalente, dal punto di vista creativo, delle sue straordinarie invenzioni pittoriche.

Nasce così l’inconfondibile “stile Depero” che entra nelle case borghesi sotto forma di arazzi, cuscini, tarsie in stoffa, mobili, giocattoli, stoviglie. Uno stile caratterizzato da una decisa geometria delle forme, che s’ispira a motivi decorativi vegetali e animali, fortemente stilizzati, mescolati in una festosa colorata sarabanda con manichini, marionette, automi e robot, ripresi dal suo vasto repertorio teatrale.

Tra le maggiori imprese della Casa d’arte, oltre ai numerosi studi di grafica pubblicitaria, va ricordato il progetto e la realizzazione del Cabaret del Diavolo, un locale noto ai frequentatori della Roma notturna, aperto nei sotterranei dell’Hotel Élite des Étrangers nel 1922, purtroppo distrutto dopo poco tempo e testimoniato da rare fotografie d’epoca e qualche piccolo disegno, ma descritto ampiamente da esaurienti fonti bibliografiche. Nel Cabaret Depero tenta di realizzare una visione grandangolare dello spazio scenico, introducendo non pochi elementi tratti dalle sue esperienze teatrali. La vitalità delle decorazioni e degli oggetti si confronta apertamente con l’uomo che partecipa come elemento dinamico per eccellenza della scena e dello spettacolo. Ancora una volta, l’estensione della sua creatività ad ambiti estranei alla pittura dimostra la sua gioiosa, ironica e dissacratoria volontà di rinnovare il mondo e la sua immagine.

Tra il 1922 e il 1927 nella pittura di Depero avviene una sorta di recupero della sobrietà, attraverso un certo costruttivismo formale che lo apre allo studio dei principi dell’“archiettura della luce” che, con la sua radialità conica, governa nelle opere di questo periodo il ritmo dei piani prospettici, reinterpretando in una nuova forma il tema del dinamismo plastico.

Nel 1927 con l’aiuto dell’amico Azari, Depero pubblica il suo famoso Libro imbullonato di Depero futurista, nel quale riassume tutta la sua attività dal 1913, esempio geniale di innovazione tipografica e della comunicazione pubblicitaria.

Il settore pubblicitario ed editoriale interessa moltissimo Depero che ha al suo attivo numerose campagne per prodotti di vario genere, tra cui non si può non ricordare quelle per il Bitter e il Cordial Campari. Nei manifesti pubblicitari abbandona ogni soluzione pittorica e spinge colori e forme in una sintesi dinamica di grande potenza comunicativa, ottenuta per lo più con l’assemblaggio di forme geometriche basiche, con i colori puri o l’uso del bianco-nero. Il messaggio pubblicitario è affidato a una grafica nitida e essenziale, con slogan spesso ironici e capaci di procurare un curioso spaesamento nel pubblico. 

Verso la fine degli anni Venti, Depero si trasferisce a New York, attratto da quell’idea di modernità che aveva ispirato tutta la sua opera, fino a quel momento. Il soggiorno durerà oltre due anni, dal settembre del 1928 agli ultimi mesi del 1930 ma, sebbene la sua attività nel settore grafico e in quello dell’arte applicata sia stata molto intensa, egli non dipinge nessun quadro di rilevante interesse. Realizza copertine per riviste come Vogue, Vanity Fair, Macy’s; progetta manifesti pubblicitari; soprattutto ritrova il vecchio amore per la scenografia teatrale, lavorando a seguito di alcune commissioni ricevute dal Direttore del Roxy Theatre.

A New York il mito futurista della metropoli, con il caos assordante dei suoi rumori, odori e colori, sembra appagare la sua ansia di ricerca. L’avventura newyorkese diventa il soggetto preferito delle opere dipinte dopo il rientro in Italia, e già alla fine del 1930, realizza quadri di mirabile sintesi plastico-espressiva, ispirati al tempo trascorso nella metropoli.

Nel corso degli anni Trenta, nonostante la Casa d’arte sia chiusa da tempo, l’nteresse per il settore dell’arte applicata è sempre vivo in Depero e rafforzato da alcune importanti commissioni per la decorazione di edifici pubblici. Lascia spazio all’iconografia stereotipata, spesso meramente decorativa, che lo aveva reso celebre, mantenendo inalterato il rigore plastico costruttivo delle forme e la genialità del tessuto cromatico.

Il secondo conflitto mondiale costringe Depero a un forzato isolamento in un piccolo paese vicino a Rovereto. Lavora molto anche se la difficoltà di reperire buon materiale per il disegno e la pittura a olio lo costringe a utilizzare le parti non dipinte di molti quadri degli anni precedenti alla guerra.

Alla fine del conflitto, progetto un nuovo viaggio in America. Parte nel 1947 e si stabilisce in una cittadina vicino a New York. L’esperienza non lo porterà alle soddisfazioni della volta precedente e, dopo due anni, deluso, tornerà in Italia. 

Sopravvissuto a molti amici futuristi, Depero assite, nel decennio seguente ai tentativi di “storicizzazione” del movimento futurista. Nel 1950 partecipa alla prima grande mostra che l’Europa dedica alle avanguardie italiane, “Futurismo e pittura metafisica” organizzata dalla Kunsthaus di Zurigo. L’esposizione presente opre di Balla, Boccioni, Carrà, Severini, Baldassarri, Dottori, Prampolini, Russo, Sant’Elia, Soffici.

Sempre nel 1950 Depero pubblica il Manifesto della pittura plastica nucleare, dissertazione sulla stilizzazione aerodinamica delle forme in velocità nello spazio, riprendendo con entusiasmo e continuità spirituale le idee e le teorie degli anni Dieci e Trenta.

Fino alla morte, avvenuta nel 1960, Fortunato Depero ha interpretato il suo ruolo di geniale inventore e teorico, cercando di applicare, come ha sempre fatto, anche alla propria vita i principi della Ricostruzione futurista dell’universo che erano stato scritti e dedicati ai giovani “pazzamente temerari” come lui.


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