Una visita nel CAVEAU della MANIFATTURA TABACCHI di Firenze
Luoghi inconsueti, macchinari, serramenti, oggettistica e materiali accuratamente recuperati per conservare la memoria
della Manifattura Tabacchi di Firenze
La Manifattura Tabacchi di Firenze, inaugurata nel 1940, dava lavoro a più di 1400 operai, per la maggior parte donne, le celebri “sigaraie” che sono state in prima linea nel movimento di liberazione antifascista e protagoniste di numerose manifestazioni sindacali, come il grande sciopero avvenuto il 3 marzo 1944.
L'idea di realizzare una nuova sede per la manifattura dei tabacchi è degli inizi degli anni Trenta per la necessità di riunire in un unico edificio le lavorazioni allora divise nell'ex convento di Sant'Orsola e nella chiesa sconsacrata di San Pancrazio. Nel 1999 passò di proprietà all’Ente Tabacchi Italiani e cessò di operare nel 2001.
Il progetto della Manifattura Tabacchi, un complesso di 16 edifici su un’area di 100.000 mq., è ufficialmente dei tecnici del Monopolio, ma nell'eleganza e nella modernità delle linee architettoniche si notano chiaramente le mani dell’ingegner Pier Luigi Nervi e dell’architetto Giovanni Bartoli.
Lo stile architettonico è quello del razionalismo italiano del primo dopoguerra, caratterizzato dalla ricerca di modernità e dinamicità spesso declinata in austera semplicità delle forme.
Secondo i canoni architettonici modernisti, la struttura doveva essere funzionale all’uso a cui era destinata, e tutto doveva essere subordinato a questo obiettivo.
Il bello è ciò che risulta funzionale, questo era il canone estetico, ma l'armonia emerge dalla scelta dei materiali e dalla chiarezza geometrica della struttura. Gli edifici della Manifattura vengono lodati dalla critica per l’equilibrio, la linearità architettonica e il dinamismo spaziale.
La Toscana è stata un importante centro di coltivazione di tabacco e produzione di sigari, specialmente Firenze e Lucca, sin dal 1574 quando il Cardinale Niccolò Tornabuoni regalò dei semi di tabacco Kentucky, ricevuti dall’America, al nipote vescovo di Sansepolcro, che a sua volta li donò al Granduca Cosimo I dei Medici che ne intuì il valore e ne favorì la coltivazione.
Nel 1810 la Manifattura Tabacchi, che fino a quel momento aveva avuto sede nell’ex convento di Santa Caterina di via delle Ruote, venne trasferita negli ampi locali dell’ex monastero di Sant’Orsola in via Guelfa.
Durante le fasi del trasloco una notevole quantità di tabacco, lasciato allo scoperto, fu bagnato dalla pioggia e poi fatto essiccare troppo a lungo compromettendone la qualità.
Per evitare di distruggerlo, causando un notevole danno economico, si cercò di rimediare riutilizzando le foglie troppo secche per confezionare sigari di minore qualità e mettendoli in commercio a un costo più basso. La convenienza del prezzo ne decretò il successo di vendita anche per le classi sociali più povere, in particolare operai e contadini e la manifattura si affrettò a iniziarne subito la produzione. Nasceva così il sigaro toscano, ancora oggi tanto apprezzato e diffuso.
Gli addetti alla produzione dei sigari erano migliaia. Tra le due guerre, in Italia erano 16.000, a Firenze erano 1400, quasi tutte donne. La lavorazione era fatta tutta a mano. Le "sigaraie" dovevano scegliere le foglie migliori e adatte alle varie lavorazioni, poi dovevano arrotolare le foglie una per volta. In un giorno, a volte anche di 14 ore, facevano 500 pezzi a testa, poi controllati, essiccati e confezionati.
Le sigaraie fiorentine hanno avuto una funzione fondamentale nella storia della città. Hanno costituito il primo esempio di organizzazione ed emancipazione femminile, hanno avuto indipendenza economica e dignità professionale, a quei tempi non facile da ottenere. Organizzate in Leghe e solidali tra loro, le sigaraie sono state protagoniste di lotte e scioperi memorabili.
Nel marzo del 1944, quando il fronte stava per raggiungere Firenze e la Manifattura, le sigaraie scioperarono per potere correre subito nei rifugi durante gli allarmi per i bombardamenti aerei, senza dover subire la consueta perquisizione, poiché sempre sospettate di rubare i sigari.
I controlli venivano effettuati con questa macchina definita IMPARZIALE, una campionatura casuale che però non lo era dato che veniva azionata da un uomo che si nascondeva dietro al macchinario e decideva chi controllare o meno, era lui che accendeva il bottone rosso o quello verde.
All’esterno l’attuale Teatro Puccini che, all’epoca della costruzione della Manifattura, costituiva la sede del Dopolavoro per i dipendenti e le loro famiglie. Il Fascismo promuoveva le attività culturali e ricreative, anche se principalmente per motivi di propaganda e di controllo politico.
La torre del Dopolavoro, rivestita di pannelli in vetrocemento, come quelli dell’Edificio dell’Orologio, è una copia della Torre di Maratona dello Stadio Comunale, progettato dallo stesso Pier Luigi Nervi.
Non ha altra funzione che contenere la scala per raggiungere la sommità, visibile quando la torre è accesa e risplende nella notte. Serviva come elemento di monumentalità, un’insegna che viene in avanti come la prua di una nave.
Altri elementi di retorica architettonica fascista sono la forma della facciata che ricorda un’aquila e il bassorilievo che rappresenta le Madri Operaie, dello scultore Francesco Coccia, con la particolarità che ci sono raffigurati soltanto uomini.
La visita alla Manifattura Tabacchi è organizzata in collaborazione
con il Quartiere 1 del Comune di Firenze ed è prenotabile.