Un Passo Avanti Tanti Dietro la mostra di MARION BARUCH a Firenze
Sono nata molto vecchia per ringiovanire vivendo (Marion Baruch)

Le sale situate al primo piano del Museo Novecento di Firenze ospitano la più grande retrospettiva dedicata in Italia a Marion Baruch, artista eclettica e cosmopolita.

Nella sua lunga carriera ha esplorato diversi media, materiali e discipline artistiche, dalla pittura alle arti visive, dalla moda al design, alla scultura su bronzo e su legno.

Non è possibile percorrere in maniera lineare la carriera artistica di Marion Baruch, costellata da continui cambiamenti e nuove esperienze. Si notano però alcune costanti creative come quelle relative al linguaggio, al lavoro, alla migrazione, al femminismo, al patriarcato, alla società dei consumi e a internet.

Infatti, il titolo della mostra “Un passo avanti tanti indietro” si ispira a un’opera in tessuto e vuole evocare l’attitudine al dinamismo di questa artista sempre attenta sia al passato che al futuro.

Nata a Timisoara nel 1929, parla sette lingue ma non si sente di appartenere a nessuna nazione perché è cresciuta nell’odio etnico tra ungheresi e romeni. Il fatto che suo nonno abbia pagato con la vita il suo nazionalismo l’ha segnata per sempre.

Ha studiato il linguaggio degli agricoltori romeni che sono emigrati in Europa dopo la caduta del muro di Berlino, i quali utilizzavano parole ungheresi credendole romene. Due popoli che si combattevano ma avevano la stessa lingua.

La potenza del linguaggio l’ha definitivamente catturata mentre realizzava Displacement for, una serie di tarocchi in più lingue per la mostra “Money Nations” alla Shedhalle di Zurigo nel 1966.
CONTENITORE-AMBIENTE - con Agenzia Fronzoni, 1970

Gli studi sulla pittura sono iniziati negli anni Cinquanta. Ha frequentato tre accademie di Belle Arti: a Bucarest con forte impronta staliniana, a Gerusalemme influenzata dal Bauhaus e a Roma di stampo più tradizionale.

Negli anni Sessanta si è concentrata sulla pittura in bianco e nero. Successivamente si è dedicata alla scultura, realizzando insieme a un fabbro alcune sculture monumentali. Negli anni Ottanta ha lavorato con un maestro falegname nella sua bottega.


È stata avvicinata dal settore privato e molte imprese le hanno commissionato alcuni lavori di design particolare. Ma percepiva che il mondo stava cambiando e ha sentito il bisogno di relazionarsi con giovani artisti underground di Berlino, Zurigo, Copenaghen, Colonia, Friburgo.

Nel 1998 si è stabilita a Parigi e vi è rimasta per 13 anni partecipando a un gran numero di incontri, progetti, realizzazioni che l’hanno abituata anche alla produzione informale anche di tipo virtuale.

A partire dagli anni Duemila, Marion Baruch si concentra sulla tematica del vuoto, inteso come spazio di libertà, come varco verso le infinite opportunità creative, attualizzando in chiave del tutto personale, l’approccio allo stesso tema di artisti come Lucio Fontana e Yves Klein.

Nel 2009 il punto di svolta radicale nella sua vita e nella sua espressione artistica. Comincia a firmare con il proprio nome, si dota di un atelier, due stanze in rue Sorbier, e ne fa un frequentatissimo luogo d’incontri da cui ne ricava un’energia creativa di notevole potenza.

Vari progetti in questo periodo, tra cui una raccolta di scatole vuote di medicinali consumati; la raccolta dei cascami delle aziende tessili di confezione. Sono progetti che fa in collaborazione con altre persone, da cui nascono stimolanti confronti, così come nelle mostre c’è l’intervento diretto del pubblico.

Nel 2011 fa ritorno a Gallarate, collabora con un liceo di Varese per la raccolta dei cascami e per la realizzazione di un blog. Altri resti di produzione industriale saranno raccolti ed esposti al Mambo di Bologna e al Mamco di Ginevra.


I lavori presentati a Firenze nelle due sedi del Museo Novecento e della Manifattura Tabacchi coprono un arco temporale di oltre mezzo secolo, si può pertanto considerare la più grande retrospettiva mai organizzata in Italia.


