IL MONDO POETICO DI PIETRO BROGI
Interrogarsi sul senso cosmico dell’individuo e della collettività

Per scoprire le numerose tematiche che hanno attraversato la poetica di Pietro Brogi nella sua lunghissima carriera letteraria, iniziata con le prime liriche di pochi versi negli anni Settanta, la cosa migliore è dare voce al poeta stesso.
La frase "combattere l'effimero per abbracciare il reale" è attribuita al poeta e scrittore francese Eugène Ionesco, esponente del teatro dell'assurdo. L'espressione riflette il suo interesse per la condizione umana e la ricerca di autenticità in un mondo spesso caratterizzato dall'apparenza e dalla superficialità. Ti ci ritrovi in questa frase?
Per prima cosa aggiungerei “ma il reale è sempre effimero” introducendo il concetto di problematicità, che tenterò di spiegare ‘con leggerezza’, quella leggerezza che auspicava Calvino nelle sue ‘Lezioni americane’ prendendo un reale leggero meno di una piuma: ‘un petalo di rosa’ che potrebbe essere un ricordo reale e tangibile riposto da una ragazza tra le pagine di un libro per ricordare il momento in cui un ragazzo le donò un fiore, pregustando un futuro, di ore? Di anni? Di una vita? Lo stesso petalo potrebbe invece avere avuto una vita diversa, sparso insieme ad una moltitudine di altri su una strada percorsa da un tiranno che voleva manifestare così il suo potere; eppure anche in quel caso c’entrava una ragazza, lo aveva sparso, con il cuore ricolmo di amore per quello che per lei era un dio in terra, massima espressione della potenza. Ho risposto? Ho tentato di aggiungere qualche elemento di riflessione con parole che cercano di cogliere sempre quanto non si possa rispondere a qualche domanda.

Vorrei dirti qualcosa Maestro
Maestro che un giorno dicesti:
‘non sono tuoi questi versi’
Non l’ho più quella poesia,
parlava di bimbi e di prati
e quel maestro, io credo,
è divenuto direttore.
Un’altra volta colpisti
perché qualcuno non ascoltava
le tue parole.
Quel qualcuno guardava fuori
i prati verdi e le cose,
ascoltava il mondo,
perché delle tue parole
non sapeva che farsene.
Eppure una volta
ti vidi un sorriso
e fu quella volta
che avesti in regalo
una qualche bottiglia:
un prezzo non alto,
per un sorriso.
Pietro Brogi, inedito
I tuoi libri sono sempre dedicati a persone care di famiglia ma anche ai maestri. Chi sono quelli che hanno avuto più influenza nel tuo essere poeta?
L’armonia delle parole credo mi sia venuta dai tanti proverbi, modi di dire, pochi versi, spesso rimati; come si usava alle elementari negli anni cinquanta/sessanta, si mandavano a memoria lunghe poesie del Manzoni o di Leopardi, che è il poeta più completo e profondo che conosco, ma anche del Giusti che ha quella splendida ironia che ci fa vedere come anche cose terribili, come la ghigliottina, possono essere prese con ‘leggerezza’ ma tanta profondità.
Raccontaci l’esperienza della lettera di Giuseppe Ungaretti e quanto ha influito sulla tua formazione letteraria e poetica.
Non è indirizzata a me…Ungaretti aveva raggiunto il battaglione dove combatteva mio nonno ed ha risposto ad una lettera che dopo la guerra gli aveva scritto mio nonno. Non credo abbia influenzato la mia poesia. Se mai qualcosa di genetico proveniva da mio nonno, sicuramente lettore di poesia, anche se non scrittore, e da mia madre, scrittrice di poesia oltre che infaticabile lettrice.

Gli studi di ingegneria meccanica hanno avuto influenza sulla tua poetica?
Non credo, semmai mi ha facilitato lo studio della metrica, la tecnica che uso per cercare di trovare elementi comuni nel ‘significante’ di alcune poesie, ma comunque non era presente nel mio bagaglio di conoscenze quando già scrivevo poesia da decenni.

Le prime poesie erano di pochi versi, anche se dense di significato e trattavano delle disarmonie della vita con lo stupore giovanile. Poi le strofe sono cresciute di numero e hai trattato svariate tematiche. Ti è rimasto lo stupore fanciullesco o la sapienza intellettuale ha avuto il sopravvento?
Qualche poesia più lunga era già presente tra quelle pseudo pubblicate e poi titolate ‘Acerbi Versi’ ma anche le prime del ‘Cantastorie’ sono abbastanza lunghe e scritte, dopo Acerbi Versi ma sempre nei primi anni ‘70. Quando riesco a sorridere con l’ironia di Giuseppe Giusti credo venga fuori il mio essere ancora giovane..

Le tematiche delle tue poesie, dato anche la vasta produzione, sono moltissime: sentimenti di amore o di morte, ricordi, spunti di felicità, visioni di paesaggi, prese di coscienza, illusioni, disagio esistenziale, incertezza della vita, fragilità dell’essere, condizionamenti sociali: insomma c’è moltissima carne al fuoco, ma se tu dovessi dare una priorità quali sono per te le più importanti, o quelle che più ti rappresentano?
Tutte rappresentano qualche istante del mio essere ed è difficile dare priorità: a volte sono importantissime per me come individuo, a volte abbraccio la visione di una parte della natura o della società. Quando riesco a raggiungere la sensibilità degli altri, dandogli qualcosa, allora penso di essere riuscito nel mio intento.
Non è facile trovare una costante del tuo linguaggio poetico, un filo conduttore che accomuna le poesie dalle prime degli anni 70 a quelle attuali, ma se proprio vogliamo trovarla questa costante potrebbe essere l’entusiasmo, il calore, il senso di armonia. Sei d’accordo?
Quando quello che dico a me stesso viene condiviso dagli altri allora mi sembra di avere raggiunto qualcosa ed è meglio raggiungerlo con quella leggerezza di cui parlavamo prima.

Le diversità di tematiche delle tue poesie sono messe in risalto dalle variazioni sonore e ritmiche. Tu sei anche uno dei pochi poeti attuali che scrive in metrica e con la rima. Quanto e come lo senti tuo questo linguaggio poetico?
In parte ho risposto: non è con la metrica che si possa fare poesia, si può cercare di studiarla, trovando coincidenze, differenti nelle varie lingue e nei vari periodi storici, ma anche divergenze. Facile citare che dopo il Pascoli nella metrica italiana è stato introdotto il concetto di interferenza fra la vocale iniziale di un verso con la vocale del verso precedente. Quello che è importante nello scrivere poesia è interpretare nel pensiero il suono delle parole ed insieme il ritmo.
Quasi tutte le poesie sono dense di significato e approfondimenti introspettivi. Spiega perché prediligi un approccio così sapiente. Quando hai utilizzato la leggerezza nelle tue liriche?
Le poesie del Cantastorie credo siano quelle che abbiano la maggiore leggerezza, associata talvolta all’ironia. Quando riesco a scrivere una ‘fiaba’ e forse riesco a interessare anche bambini, per me è un grande risultato. A volte però anche alcune poesie sembrano pesanti ma lo sono perché vanno in profondità e talvolta si può leggere con leggerezza anche la profondità.
Una delle poesie più belle è “Incedere incerto”, un fraseggio poetico che affronta un marcato disagio esistenziale. È un tuo momento di fragilità personale, oppure si tratta della incertezza dell’esistenza umana in genere?
Credo di avere risposto a questo nella prima domanda: la problematicità, la condizione provvisoria dell’esistenza che ci permette solo di vedere delle ombre, cercando di capire se esistano anche dei corpi ‘veri’ oppure cercando di prefigurare delle anime, immaginare delle realtà non umane, dargli un senso ed un verso accettando il divino come essenza non conoscibile ma parte di sé stessi… beh ci hanno provato e provano ancora in tanti a dare una risposta…
Guardare da una finestra o seguire un treno scatenano la tua fantasia onirica, che poi attraverso la poesia diventa cronaca di vita sociale, vissuto quotidiano. Sei d’accordo sulla considerazione che la vasta gamma di tematiche è la tua peculiarità artistica? Ha influito sulla cifra stilistica?
Interessarsi di tutto ma a volte anche cercare di cogliere il particolare: le rappresentazioni degli alberi che facevo da giovane, in cui disegnavo il tronco insieme ai rami che si alzavano dinoccolandosi e poi le singole foglie appiccicate sopra questi rami, danno il senso generale ma fanno anche intravedere la mancanza del contorno ‘chioma’.
“Un mondo di niente dominato da paure, odio e sospetto” è una citazione da “Spesso … è un mondo di niente”, l’ultimo libro del 2022, dal titolo si capisce l’approccio verso il mondo la società del mondo contemporaneo. È vero che questa crisi esistenziale è presente anche nella prima raccolta?
Questo libro è stato da una parte ritardato e dall’altra molto influenzato dal periodo della pandemia che mi ha costretto a scrivere e pubblicare un saggio: ‘Ve lo do io il Covid’ in cui attraverso la narrazione di fatti cercavo di far vedere come una banale cosa come la paura della morte (che è la realtà mai smentita e sempre presente nella vita) potesse influenzare le scelte dei potenti e dei ‘mass media’ costruendo un mucchio di ‘balle’ spacciate per certezze scientifiche che hanno abbindolato la maggior parte delle persone e questo particolarmente in Italia, in cui si sono fatti anche errori come la chiusura delle scuole protratta per due anni, cosa che si ripercuoterà per almeno due generazioni, con la scusa poi che potevano contagiare i nonni (per i giovani i rischi gravi non esistevano).
Le cronache del web, le notizie quotidiane che ci invadono nei momenti della giornata, le critiche al mondo quotidiano, la pandemia, sono tematiche attuali che ti intrigano molto; come riesci a trasmettere il linguaggio dolce e malinconico a tematiche così razionali e travagliate?
Come ho detto sopra nel caso della pandemia ho dato una risposta che consegnasse alla ‘storia’ un documento. Menomale che l’ho fatto... poco tempo fa ricordavo quando era stata fatta una legge che rendeva la vaccinazione antiCovid obbligatoria ed una persona, addirittura un medico, sosteneva che l’obbligo c’era solo per esercitare la professione medica e non per tutti quelli sopra una certa età come è in realtà era successo. Tra poco si sarà anche dimenticato che era una balla, che si sapeva, che il vaccino non impediva il contagio, eppure anche l’allora Presidente del Consiglio non si è scusato, che io sappia, per avere dichiarato in televisione che con il certificato verde di vaccinazione si era liberi dal contagio.
Sei pessimista o ottimista verso il futuro umano?
L’umanità bene o male, con alti o bassi ha sempre progredito nell’esistenza, il chè è già un passo avanti, mi accontenterei che la media delle persone che saranno presenti fra mille anni avessero metà della sapienza e umanità di Seneca, senza però che esista un potere che li costringa a morire. I mezzi tecnologici attuali consentono facilmente di azzerare la quasi totalità dell’umanità e purtroppo siamo così deboli da lasciarlo anche accadere.
Per concludere, una domanda sulla pubblicazione delle tue poesie: perché preferisci il self publishing rispetto alle case editrici di altri editori?
La gran parte degli Editori disponibili è a pagamento: l’autore paga un certo numero di copie oppure addirittura un importo fisso e, nonostante ciò, viene costretto a firmare un contratto che vincola l’opera per un certo numero di anni. È vero che generalmente viene concesso l’uso di porzioni per antologie e pubblicazioni su internet ma è necessario richiedere ogni volta il consenso. La combinazione di questi due fattori ha fatto si che scegliessi di pubblicare come auto editore, mi rimangono tutti i diritti e spendo poco più; i miei libri sono provvisti di ISBN e sono ordinabili in quasi tutte le librerie, fisiche e on-line.

POESIE (2019): Si può definire il mare 'liquido cielo'? La poesia ci dice di sì. Presentati in questo volume tanti anni di emozioni, riflessioni, immagini in quattro raccolte messe a disposizione dei lettori: 'Acerbi versi': forti sensazioni di gioventù; 'Cantastorie': fiabe in poesia; 'Incedere incerto': riflessioni ed emozioni; Dedicato a personaggi, persone, luoghi.

VE LO DO’ IO IL COVID (2022): Pandemia Covid 19: due anni e mezzo di notizie, dati, decreti, falsità propinate come 'scientifiche' ci riportano ai tempi di Galileo e Copernico, quando il potere si permetteva, con la complicità di una falsa comunicazione e di falsi scienziati asserviti, di confutare verità, di imporre credenze, di dettare iniquamente legge.

SPESSO…UN MONDO DI NIENTE (2022): Si mescolano in questa raccolta tante sensazioni, vissute anche in un tempo in cui fattori contingenti hanno soverchiato valori e pensieri che più sarebbero consoni all'Umanità. Cerchiamola questa Umanità nella Storia, nella Spiritualità nella Relazione con gli altri.

Le foto sono relative all’evento di martedì 27 maggio nella Sala ex Leopodine
in Piazza Tasso a Firenze organizzato dalla Camerata dei Poeti con l’introduzione
di Carmelo Consoli e Silvia Ranzi. Letture di Valeria Cirillo.