A Firenze arriva l’Art Nouveau: il Museo degli Innocenti ospita fino al 7 aprile la mostra con oltre 170 opere dedicata ad ALPHONSE MUCHA

Paolo Orsini • mar 14, 2024

La mia arte, se così si può chiamare, si cristallizzò, divenne moda,

 si diffuse tra fabbriche e laboratori col nome di “Stile Mucha”

e all’esposizione si è dovuto rimuovere un gran numero di oggetti

per prevenire le violazioni del diritto d'autore” (Alphonse Mucha).

Tra fine 800 e inizio 900 Parigi era considerata il centro del mondo dell'arte, la Belle Époque infondeva entusiasmo e gioia di vivere nella società e nell’arte. Alfonse Mucha diventa il più famoso e conteso artista dell'epoca dell’Art Nouveau. Le sue opere, le sue illustrazioni, i poster teatrali e la nascente pubblicità danno vita a una nuova forma di comunicazione. Il suo stile è il più imitato. La sensuale bellezza delle sue donne entra nell'immaginario collettivo di tutti. È lo sguardo di una donna nuova che rivendica il diritto alla libertà e alla dignità. È l'inizio della modernità, di cui Alphonse Mucha, con un linguaggio mediato dai preraffaelliti, dalle xilografie giapponesi, dalla bellezza della natura, dalla decorazione bizantina e da quella slava, si fa portavoce. Le sue opere diventano subito famose in tutto il mondo.

Le Pietre Preziose, litografie a colori, 1900 - Sopra: Ametista e Topazio; sotto: Rubino e Smeraldo

Anche nella progettazione artistica, Mucha si avvale delle nuove conoscenze scientifiche, quelle teorie che indagano i meccanismi della percezione visiva, occhio-nervi-cervello. Partendo dall'osservazione della natura, determina quali sono le forme e le linee più piacevoli, le proporzioni equilibrate. “La natura visibile che cogliamo attraverso gli occhi ci circonda di forme ricche e armoniose. La meravigliosa poesia del corpo umano. E di quello animale. E la musica di linee e colori che promana dai fiori, foglie e frutti sono le più evidenti, maestre per lo sguardo e per il gusto” (Alphonse Mucha).

La mostra inizia con la sezione intitolata “Donne, Icone e Muse”, il soggetto principale dell'arte di Mucha, donne voluttuose e sensuali, ma allo stesso tempo caste e innocenti. L'antitesi dell'immagine della donna decadente e pericolosa, raffigurata dagli artisti tardo ottocenteschi. Donne come pietre preziose. 

Alla celeberrima attrice parigina Sara Bernhardt si deve la nascita dello "stile Mucha". Verso la fine del 1894 lei gli commissiona il manifesto per promuovere la commedia teatrale “Gismonda”. Mucha è un illustratore di libri di discreto successo ma del tutto sconosciuto nel campo dei manifesti pubblicitari. “La divina” rimane colpita dall'originalità delle sue composizioni e soprattutto dalla capacità di Mucha di ritrarre l'anima dei personaggi che Sarah Bernhardt deve interpretare. 

Chiamata “La Divina” per la sua bellezza e per il suo talento straordinario, Sarah Bernhardt diventa celebre sui palcoscenici di tutto il mondo grazie all'intensità delle sue interpretazioni e alla presenza scenica magnetica. La sua voce e il suo animo ribelle affascinano sia il pubblico che il mondo letterario. Diventa l'amica di Edmond Rostand, di Sacha Guitry, di Victor Hugo, di Jean Cocteau che conia per lei l'espressione “un mostro sacro” e Mark Twain, di lei scrive, “ci sono solo cinque tipi di attrici: quelle cattive, quelle passabili, quelle buone, quelle grandi, e poi c'è Sara Bernhardt

Medée, tragedia in tre atti composta nel 1898 da Catullo Mendes, è andata in scena per la prima volta il 28 ottobre 1898 a Parigi. L'interpretazione di Sarah Bernhardt nel ruolo di Medea è stata acclamata per la potenza drammatica e per la capacità di catturare l'angoscia e la disperazione del personaggio. Lo stesso pathos che Mucha riesce a trasmettere nel suo manifesto. Lui stesso scrive: “si può ben dire che di rado un'anima sia stata più fedelmente esteriorizzata: ciascun lineamento del viso e ciascun movimento delle vesti era profondamente condizionato dalle sue esigenze psicologiche”. Mucha realizza anche i gioielli di scena, tra cui il bracciale a forma di serpente che si vede nel manifesto.

Gismonda, è un dramma in quattro atti scritto appositamente per Sarah Bernhardt da Victorien Sardou, uno dei principali drammaturghi del teatro francese dell'epoca. La prima si tiene il 31 ottobre 1894 al Théâtre de la Renaissance di Parigi. Oltre a Sarah Bernhardt, nel ruolo di Gismonda, la protagonista, anche Lucien Guitry nel ruolo di Almerio. La trama ruota intorno alla duchessa bizantina Gismonda che affronta sfide politiche e personali mentre cerca di proteggere il suo giovane figlio e il suo Ducato.

L'avvento del modernismo porta dei cambiamenti rivoluzionari nel concetto di arte. Anche la tradizionale nozione di bellezza viene messa in discussione e ampliata per accogliere idee nuove. In un periodo di grandi cambiamenti, Mucha cerca invece nell'arte un valore immutabile e universale. Scrive: “L'arte non può essere nuova. L'idea di arte moderna come moda passeggera è offensiva. L'arte è eterna come il progresso dell'uomo e la sua funzione è quella di accendere di luce il cammino del mondo. L'arte si trova in costante sviluppo ed è sempre qualche passo avanti all’umanità”.

Mucha è convinto che una bella opera costituisca “il simbolo del bene” e contribuisca a sollevare l'animo del pubblico e a generare una società migliore. Tutta la sua opera è pensata per riuscire ad arrivare alla comprensione della bellezza, unico modo per elevare la qualità della vita. Le forme aggraziate del corpo femminile e le sinuose linee della natura servono a guidare lo sguardo dell'osservatore verso il punto focale della composizione.

Mucha predilige i temi semplici e universali come le stagioni, i fiori e le ore del giorno, facilmente comprensibili anche da un pubblico non esperto. Le sue opere, dai disegni alle stampe decorative, saranno riproposte come calendari, cartoline, oggettistica, riprodotte in molte riviste d'arte sia in Francia che all'estero, diffondendo così lo “stile Mucha” ovunque. Il suo stile, divenuto di gran moda, influenzerà tutta l'esposizione internazionale di Parigi del 1900.

La fama come autore di manifesti, procura a Mucha numerose commissioni per la realizzazione di immagini pubblicitarie per negozi, confezioni di prodotti e oggettistica decorativa. Nel 1896, mentre è al lavoro sul poster per un profumo, gli viene chiesto di disegnare anche l'etichetta e la scatola per i flaconi. 

Nello stesso anno Mucha inizia a collaborare con il celebre produttore francese di biscotti Lefèvre-Utile. Mucha crea una decorazione coordinata sia per le confezioni che per i manifesti, così da creare un messaggio pubblicitario uniforme, aumentandone la visibilità sul mercato, strategia ampiamente utilizzata dalla grafica contemporanea.

Nell'arco di vent'anni Mucha, divenuto il grafico più richiesto e copiato della Parigi di fine secolo, realizza circa 120 manifesti, molti dei quali sono considerati oggi delle vere e proprie icone dell'Art Nouveau. Mucha vuole trasmettere al pubblico un messaggio, non importa che sia per un prodotto commerciale o un messaggio sacrale, religioso o storico. Le attività pubblicitarie rappresentano per l'artista il terreno ideale dove sperimentare nuove modalità di comunicazione efficaci.

Bevande alcoliche, champagne, birre e liquori, detersivi, profumi, biciclette, sigarette: l'oggetto pubblicizzato passa in secondo piano. Protagonista è quasi sempre una fanciulla idealizzata ed elegante. Ieratiche figure femminili, con il loro sorriso ammaliante, incorniciate da dinamici contorni grafici evocano atmosfere seducenti. Il loro sguardo invita lo spettatore a entrare nel loro mondo e quindi ad acquistare il prodotto reclamizzato. 

Tra il 1890 e il 1900 Mucha, sotto l'influsso del misticismo, dell'occultismo e della teosofia, coltiva un interesse crescente per la massoneria, la confraternita che propugna l'edificazione dell'umanità attraverso opere caritatevoli, solidarietà umana e la ricerca dei massimi valori intellettuali, morali e spirituali. Il 25 gennaio 1889 Mucha viene accolto nella loggia parigina del Grande Oriente di Francia, il più antico ordine massonico dell'Europa continentale. Il peso dello spiritualismo di Mucha e della filosofia massonica in particolare si manifesterà nell'opera visionaria in forma di libro: Le pater.

I Document décoratifs di Mucha pubblicati nel 1902 dalla Librarie Centrale des Beaux-Arts di Parigi è un manuale per artigiani, grafici e studenti d'arte in cui Mucha svela tutti gli aspetti del proprio lavoro. Nelle 72 tavole del volume si trovano non soltanto esempi di motivi decorativi pronti all'uso, ma anche un assortimento di bozzetti pensati per accompagnare il grafico lungo il processo della stilizzazione. Una guida su come trasformare i disegni naturalistici in motivi ornamentali applicabili al prodotto industriale. I bozzetti di Mucha danno prova della sua illimitata fantasia nel trarre nuove forme dalla natura e dal corpo umano.

Un’intera sezione della mostra è dedicata alla cultura bretone, nell’accezione intesa da Mucha come espressione dell'identità culturale e ideologica di un popolo. In questo periodo, Mucha si ritrae spesso con indosso una camicia ricamata della tradizione nazionale, simbolo dell'unità slava. Le sue opere sono dominate da elementi della madrepatria, le modelle indossano abiti di foggia slava, le opere sono piene di motivi floreali e botanici ispirati all'arte e all'artigianato della Moravia.

Di notevole importanza l’impegno di Mucha per la fotografia. Inizia a fotografare intorno al 1895, mentre studia all'accademia di Belle Arti di Monaco. A partire dagli anni di Parigi, le fotografie diventano una parte importante del suo processo creativo, tanto che, dall’ultimo decennio dell'Ottocento, Mucha raccoglie in un taccuino schizzi e disegni a completamento del suo approccio visivo alla realtà.

Gran parte delle foto di questo periodo sono immagini di modelle scattate nel suo atelier. Mucha lavora in maniera spontanea con le modelle che improvvisano le pose più diverse, per poi utilizzare le immagini come fonte di ispirazione per disegni e dipinti.

“Mio caro Mucha, mi chiedete di presentarvi al pubblico parigino. Bene, caro amico, seguite il mio consiglio: esponete le vostre opere ed esse parleranno per voi; io conosco il mio caro pubblico francese. La delicatezza del vostro disegno, l'originalità delle vostre composizioni, i bei colori dei vostri quadri e manifesti - tutto questo li sedurrà, e dopo la vostra esposizione predico la vostra fama. Le mie mani nelle vostre mio caro Mucha”. Sarah Bernhardt.

Alphonse Mucha viene coinvolto in una serie di mostre e progetti per l'esposizione universale di Parigi del 1900. In qualità di artista ufficiale dell'Impero austro-ungarico gli viene affidato l'allestimento del padiglione della Bosnia Erzegovina. Mucha collabora con prestigiose aziende francesi, come le più antiche profumerie del paese e con il principale orafo gioielliere della capitale, Georges Fouquet, che lo incarica di disegnare un'intera collezione di gioielli per l'esposizione. 

L'Expo del 1900 riscuote un successo incredibile. Vi partecipano 58 nazioni e viene visitata da 50 milioni di persone. Mucha riceve la medaglia d'argento per il padiglione della Bosnia Erzegovina, insieme all'ordine di Francesco Giuseppe, per il contributo dato all'Impero austro-ungarico in occasione della maggiore esposizione internazionale del secolo.

Nel periodo della permanenza di Mucha a Parigi, fra artisti e letterati hanno luogo accanite discussioni su come promuovere la riforma sociale mediante la diffusione dell’arte e della cultura. Tra le grandi fonti di ispirazione di questo dibattito troviamo William Morris e gli ideali del movimento inglese Arts and Crafts.

L'influenza esercitata dal movimento dell'arte per il popolo porta Mucha a realizzare i Panneaux decoratifs, un nuovo tipo di poster senza testo pubblicitario pensati esclusivamente a scopo ornamentale e lanciato nel 1896 con la serie Le stagioni. Scriverà Mucha: “Ero contento di fare arte per il popolo e non per i salotti privati: economica e alla portata di tutti, trovava casa presso le famiglie povere, come pure nelle cerchie più facoltose”.

La mostra dedicata ad Alphonse Mucha si conclude con la sezione relativa all’EPOPEA SLAVA, un ciclo pittorico composto da 20 tele di grandi dimensioni (la più grande misura oltre 6 metri per 8) che raccontano i principali avvenimenti della storia slava tra il terzo e il ventesimo secolo. Il progetto viene presentato nel 1928 a Praga in occasione del decimo anniversario dell'indipendenza della nazione dal dominio austroungarico. Durante la Seconda guerra mondiale le tele vengono nascoste per preservarle dai sequestri nazisti. Oggi i dipinti sono esposti al castello Moravsky Krumlov nella Moravia meridionale.

A complemento dell’esposizione, infine, una sezione è dedicata allo sviluppo del nuovo linguaggio artistico nel nostro Paese: un omaggio al fiorentino Galileo Chini, uno dei protagonisti dell’Art Nouveau in Italia.

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